HO PAURA, QUINDI VOLO. Frammenti di Scuola IN Counseling.

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Proseguiamo, con questo articolo, la pubblicazione di “estratti” dalle pagine di diario degli allievi della Scuola IN Counseling Torino.

È la volta di Valentina, che con appunti semplici e diretti racconta di sé, di quello che sta imparando e di quanto le stia servendo la formazione IN Counseling.

Buona lettura!

<<Se qualcuno mi dovesse chiedere se provo vergogna per qualche cosa, d’istinto mi verrebbe da rispondere di no senza soffermarmi troppo su questa risposta. Questo è ciò che ho fatto fino ad ora, ma poi un lunedì, durante una sessione di counseling individuale, Domenico mi fa ha fatto notare che spesso raccontando le mie vicissitudini con mia madre e con Lamberto cambio il tono della voce o più che altro utilizzo una voce “storpiata”.

Mi chiede a cosa mi serve farlo? Ma io non so rispondere.

Lui ci vede un senso d’imbarazzo.

Mi chiede che cosa mi fa pensare questa sua impressione.

Ho trascorso i giorni successivi a chiedermi di cosa mi vergogno.

Credo di poter affermare che la mia vergogna sia strettamente collegata al mio perfezionismo.

Voglio dare risposte precise alle domande che ricevo, voglio aver già fatto un compito che mi deve essere ancora assegnato, voglio … voglio … voglio.

Quando questo non succede alle volte mi vergogno e mi ritraggo … come se il non sapere una cosa fosse una mia tremenda colpa.

Forse anche la possibilità di non avere abbastanza denaro,mi fa temere d’essere umiliata.

La mia voce alterata nasconde il sentimento di vergogna che sfodero quando affronto con opprimente senso del dovere le cose da fare, senza concedermi la possibilità di scegliere e di dire di no. E mi vergogno perché vorrei rifiutarmi di fare certe cose anche per le persone che amo.

La mia voce alterata nasconde i miei sentimenti troppo dolorosi, la uso come strumento di mimetizzazione per confondere l’ascoltatore e non rendere evidente il mio stato emotivo.

Quello che oggi riconosco con sorpresa è che la vergogna mi ha spinto a fuggire dalle situazioni, a negarmi anche con me stessa e a isolarmi in certi casi. Riconosco di aver cercato di compensare  certi miei risultati scolastici con una sorta di perfezionismo maniacale nelle altre cose che facevo e di aver sviluppato una gran paura di dipendere dagli altri che si è manifestata con la capacità ad organizzarmi tutto da sola e con la difficoltà a chiedere aiuto.

Mi domando se è per questa ragione che alle volte ho l’impressione di essere io a “scansare” le relazioni durature con gli uomini che in questo modo potrebbero arrivare a scoprire certi lati di me che non voglio svelare forse proprio per vergogna. In questo modo attiro quasi sempre a me persone lontane o che sono occupate e che quindi non sono una minaccia per i miei spazi. D’altro canto alle volte le persone che sono totalmente presenti nella mia vita mi risvegliano un senso di soffocamento e anche se so che mi vogliono bene, sento il bisogno momentaneo di fuggire via da loro e di staccarmi.

Da quando faccio la scuola di counseling ho imparato a dare peso alle mie emozioni,  a dar valore a cosa sento e ai miei bisogni.

-Ho riconosciuto la “confluenza” come un mio tipico modo di interrompere il contatto e sto riflettendo anche sulla “retroflessione” ponendo attenzione a quando e a come le agisco;

-Ho capito che alle volte devo “stare”nelle situazioni che mi si presentano, anche quelle che non sono positive e accettarle.

-Ho avuto modo di riconsiderare alcune situazioni fallimentari della mia vita e intanto capire che cosa mi ha fatto stare veramente male: il fatto di non aver considerato mai la possibilità che le cose andassero come avevo programmato.

-Ho capito che alle volte ho anche la possibilità di prendere le distanze da una situazione che mi fa star male.

-Ho provato e riconosciuto come utile il fatto di chiedere conferma/smentita delle cose che “credo” di sapere, soprattutto nelle relazioni con gli altri. Dare per scontate alcune reazioni e risposte limita le possibilità che mi offre la vita. Chiedere è sempre meno un peso per me e apre spesso un ventaglio di possibilità che non voglio più precludermi; chiedermi cosa voglio e cosa desidero da una persona o da una situazione ha migliorato la mia chiarezza interiore e mi ha dato una possibilità in più di raggiungere i miei obbiettivi focalizzando il punto dove voglio arrivare.

-Ho capito che saper definire un concetto mi aiuta ad assimilarlo e migliora la mia comprensione di esso;

-Ho avuto conferma di un lato masochistico della mia personalità e di un altro lato rigido..Alle volte nonostante la mia CINA-Qinremissività, sento un forte astio all’interno di me stessa. Credo di voler essere compiacente verso certe persone a tutti i costi anche se non dovrei.

-Ho fatto emergere la mia competitività e sto imparando a dargli una connotazione positiva. Ho osservato me stessa mentre lo sono e ho capito che non è una cosa di cui vergognarmi, ma che posso utilizzare per migliorare ad esempio le mie prestazioni sportive (Amo volare e buttarmi, ma con il paracadute!).

-Ho potuto riflettere sulla mia intolleranza alimentare, come intolleranza ad una data situazione che stavo vivendo quando essa si è presentata. Per l’educazione che ho ricevuto ho sempre creduto che l’essere tollerante fosse un mio dovere assoluto e quando sentivo di non adempiere a questo mio “dovere” venivo colta da senso di colpa. Anche se non ho risolto totalmente questa cosa, ora sono perlomeno in grado di riconoscere quando lo faccio e quando si stanno verificando quelle condizioni.

-Ho approfondito, anche se ho ancora molto da imparare, il rapporto fra il corpo e la mente, i caratteri della personalità espressi dagli atteggiamenti corporei e persino dalle caratteristiche fisiche  di ogni persona.

Mi occupo mica degli altri per colmare un certo mio senso di colpa?

Non è che cerco di trovare a tutti la soluzione adeguata per  sentirmi buona  e quindi degna d’essere amata (da mia madre?)?

Il mio mal di schiena c’è perché mi faccio carico di tutto anche delle cose che non riesco a sostenere?

Oggi ho detto a mia madre che non mi sono mai sentita nutrita da lei. Ovviamente non ha capito, mi ha borbottato qualcosa sul fatto che io sia sempre più pazza ed è andata via. Regolare. Comunque io sto meglio quindi utile .

Ho fatto un lavoro sul cibo con Ilaria la mia amica anoressica che è molto servito a me in realtà per mettere a fuoco il mio rapporto col nutrimento in relazione con mia madre. Alcuni dei miei comportamenti nevrotici col cibo mostrano in maniera incredibilmente chiara quanto questo nutrimento mi sia mancato!

Comportamenti nevrotici:

-accumulo scorte di cibo per paura che mi venga a mancare;

-mangio in maniera spropositata quando resto sola in casa di mia madre, in qualche modo mi diverto a sottrarle il cibo che lei ha sottratto a me in passato;

-mi vergogno a mangiare le cose che ha acquistato lei davanti a lei;

-mi sento tradita e la odio profondamente quando racconta  agli altri cosa mangio in casa.

Tutti questi meccanismi di difesa scompaiono se sono a casa di mio padre o in qualunque altro posto.

Ho rivisitato la mia storia di vita e …  Il sentimento che sento emergere in me è la PAURA.

Una paura che proviene da diverse direzioni, ma che ha sempre caratterizzato le mie azioni, le mie scelte …

Ho paura di:

_ esprimere emozioni o sentimenti forti come la rabbia;

_ avere legami affettivi;

_ del mondo esterno;

_ di soffrire, di ammalarmi, della povertà.

Dopo l’incontro di giovedì alla Formazione “X”, me ne sono andata con un po’ di cose su cui riflettere.

Innanzi tutto questa abitudine assai consolidata di pensare che un atteggiamento sia positivo a discapito di un altro… ad esempio: chi ha detto che l’introversione sia negativa e l’estroversione una caratteristica positiva del carattere di una persona?

Ascoltando il racconto di Salvatore sulla sua introversione e su quella del figlio mi sono accorta che io stessa ho già dato un giudizio a queste due caratteristiche cercando d’incasellare le persone.

Ho riflettuto sull’essere riflessivi oppure impulsivi …  può essere bene o male a seconda delle situazioni.

Allora perché siamo abituati a considerare una cosa un bene in opposizione ad un’altra?

Da poco ho capito che anche l’ansia, quella che consideravo la mia peggior nemica alle volte è stata utile e se riesco a “metterla al mio servizio” può anche diventare una fedele alleata.

Il fatto di non riuscire a trasformarla in energia mi fa stare male perché mi sento come una pistola carica che non può sparare e indirizzo tutta questa eccitazione all’interno di me stessa invece che all’esterno … il risultato è un’implosione catastrofica! Cosa m’impedisce di dare sfogo a questa eccitazione?

La paura.

Paura che non sia la situazione giusta, il momento giusto.

DonnePaura di cosa può venire fuori, del risultato di questa esplosione incontrollata.

Paura di sbagliare … insomma perché non mi sento abbastanza fiduciosa nelle mie capacità e in me stessa.

La fiducia guarisce la paura. Ma come si fa a ritrovare la fiducia? Rischiando di nuovo di perderla. Un gatto che si morde la coda …

L’altra cosa che mi ha colpita molto è l’aspettativa che implica una forma di giudizio.

L’hanno usata gli altri con me e io stessa l’ho agita sugli altri. Io la chiamo “la predizione che si autodetermina”. Penso per esempio a quando a scuola mi dicevano che non ero portata per la matematica e infatti per tutto il periodo delle medie riuscii a portare a casa non più di una D, ma poi quando cambiai scuola mi resi conto, grazie ai nuovi insegnanti , che infondo ero brava e che questa materia non era poi così male.

Quello che penso è che creando troppa aspettativa per un evento o nei confronti di una persona ci perdiamo il bello di vivere quell’esperienza o di conoscere quella persona. E’ come un velo, un filtro attraverso il quale facciamo passare certe cose piuttosto che altre, ma che inevitabilmente ce ne fa perdere qualcuna.

A cosa mi serve cercare d’essere sempre perfetta, controllata e fare sempre la cosa giusta? A soddisfare il mio bisogno d’essere amata e accettata dalle persone intorno a me!

Questo comporta però una certa rigidità sia nei giudizi verso me stessa sia nella disciplina che m’impongo .

Mi rendo conto di esser stata così sin da piccola in particolare con mia madre , dalla quale ho sempre cercato una certa approvazione. Il fatto è che per lei non ero mai abbastanza e non facevo mai le cose in maniera sufficientemente perfetta e questo ha generato frustrazione e mi ha fatto perdere fiducia nelle mie capacità.

La paura. Di nuovo.

Non mi ricordo chi mi ha detto che elencando le cose che “non vorresti”, ti potresti ritrovare con la lista quasi completa delle cose di cui hai paura. Beh ho provato a scriverle e come per magia eccole là tutte le mie paure scritte sul foglio!!

Il mio foglio risulta così:

_ non vorrei (HO PAURA di) perdere il lavoro e la solidità economica che ho in questo momento della vita.

_ non vorrei (HO PAURA di) rinunciare alla mia libertà di fare le cose che amo, ad esempio il paracadutismo.

_ non vorrei (HO PAURA di) restare sola senza un compagno da amare e che mi ami.

_ non vorrei (HO PAURA di)  accontentarmi di una persona che non amo e/o che non mi ama per paura di restare sola (!!!).

_ non vorrei (HO PAURA di) non realizzarmi nel lavoro e di non essere orgogliosa di me stessa.

_ non vorrei (HO PAURA di) non riuscire a provvedere a me stessa dignitosamente e dover chiedere aiuto ad un marito o altro.

_ non vorrei (HO PAURA di) non avere abbastanza tempo per me stessa, per ascoltarmi.

_ non vorrei (HO PAURA di) trascurare l’ascolto del mio corpo.

_ non vorrei (HO PAURA di)  essere esclusa per le mie idee e le mie scelte.

Mi rendo conto di avere molte paure legate alla materialità, altre alla fiducia in me stessa e nelle mie capacità e di non considerare donnanemmeno la paura della malattia o della morte (le altre che hanno compilato il foglio come me hanno sempre menzionato queste paure).

La paura di soffrire comunque è sempre presente in tutte le altre paure e spesso mi impedisce  di vivere pienamente le esperienze che la vita offre. Anche la paura per la mancanza di denaro mi impedisce di “buttarmi” in alcune situazioni per timore di non poter far fronte ad altre spese considerate basilari. Nella mia lista ho anche evitato di mettere la paura di perdere le persone care, ma non perché questo non mi faccia soffrire, ma semplicemente perché mi è ben chiara la sua inevitabilità. Inoltre, forse perché ho genitori molto più grandi di me, ho già vissuto più volte questa paura: l’ho sentita, l’ho assaporata, ci ho riflettuto e questo “sguazzarci “ dentro per un po’ mi ha permesso di accettarla.

Ma come mi fa sentire la paura?

Mi sento angosciata e l’ansia si impadronisce di me. Cresce mano a mano che si avvicina la situazione o l’oggetto della mia paura, un senso di schiacciamento opprime tutta la mia cassa toracica e poi sale verso il mio collo e al culmine mi pare d’avere una mano che lo stringe impedendomi la respirazione, il cuore batte all’impazzata e le vampate di calore si alternano con  brividi e  sudori freddi. Desidero solo sfuggire, ma alle volte per la paura non vedo una via d’uscita e mi paralizzo. Proprio come gli animali che simulano la loro morte davanti agli aggressori troppo grandi e potenti da affrontare, riduco al minimo la respirazione, resto immobile in attesa di una soluzione.

Quali possono essere le ripercussioni sulla mente e sul corpo se la paura a cui si è sottoposti è prolungata nel tempo?

Sento il corpo che si contrae per non lasciar passare nulla, costituisce una corazza per proteggersi con le tensioni muscolari . Ho notato che la contrattura appare in posti diversi in base al tipo di paura e alla sua natura. Ogni giorno che passa, la corazza protettiva continua a resistere e, man mano che passa il tempo, diventa la normalità e smetto persino di accorgermi della sua esistenza. Ne riprendo coscienza solo quando non riesco, ad esempio, a girare completamente il collo o quando il fisioterapista massaggia la contrattura liberando anche il dolore.

La paura di soffrire mi fa agire come controllore della mia vita e alle volte di quella delle persone che mi stanno accanto. Cerco sempre di sapere cosa devo affrontare, preparo ciò che voglio dire e “preparo” gli altri su cosa dirmi o fare nei miei confronti  cercando di evitare le situazioni spiacevoli, ma precludendomi anche tutte le belle sorprese  e la spontaneità delle cose.

Alle volte la paura è così grande che non riesco nemmeno a rendermi conto di cosa ho paura , è come se non volessi vedere l’oggetto della mia angoscia e anche se so che la presa di coscienza rappresenta il primo passo per poterla superare, è come se mi mettessi le fette di prosciutto sugli occhi da sola per non doverla affrontare! Eppure sono proprio i silenzi che fanno crescere le paure in maniera spropositata. Ammettere  e dire ad alta voce di temere qualcosa dimezza quasi il potere che quella paura agisce su di me!!>>

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