Il Percorso di Formazione IN Counseling

Il Percorso di Formazione IN Counseling. Keep calm

All’imminente, epocale, convegno Assocounseling, “Oltre Antigone e Creonte”, di questo marzo 2016, sarò uno dei partecipanti al tavolo tematico “il percorso di formazione”.

A me piacerebbe che tutti i lavori dei tavoli tematici  di questo convegno partissero cercando una buona risposta alla domanda: “cosa è il  fare  Counseling?”

Con questo mio articolo, vorrei anticipare sia la mia risposta a questa domanda, sia la posizione che porterò ai lavori del mio tavolo, pronto, naturalmente, ad emendarla, rielaborarla criticamente e creativamente, in funzione del confronto che al tavolo stesso si svilupperà.

Per me, Counseling è quanto un Counselor fa, secondo particolari modalità, nella relazione con i propri clienti, per aiutarli a produrre, in loro stessi, uno stato soggettivo di migliore percezione complessiva delle situazioni problematiche che stanno affrontando, tale da ritrovarsi in possibilità di gestirle meglio.

Due domande, allora:

  1. Quali sono le “particolari situazioni problematiche” con cui i Counselor possono “lavorare”?;
  2. Quali sono le “particolari modalità” che caratterizzano il fare Counseling? (quelle che permettono ad un Counselor di aiutare i propri clienti a ritrovarsi in uno stato soggettivo di migliore percezione complessiva delle situazioni problematiche che stanno vivendo; per intenderci!).

002Circa il primo punto, preciso subito che le situazioni problematiche, possibili oggetto di Counseling, non riguardano alcun caso di malattia (almeno non come gestione diretta delle cure sanitarie necessarie a risolverlo), riguardano “semplicemente” gli innumerevoli casi di difficoltà del vivere quotidiano, socio-relazionale e personale-esistenziale, in cui una persona si possa imbattere; quei casi che nella storia dell’umanità è stato possibile, ed è ancora possibile, trattare ora col ricorso ad un oracolo, ora con una preghiera o con una meditazione, ora rivolgendosi ad un amico, ora con una gita in montagna, ora in tutti quei modi che, nel proprio esistere nel tempo, di volta in volta, l’uomo ha saputo-potuto e saprà-potrà cogliere ed organizzarsi.

Ma passiamo al punto due sopra presentato, quello, secondo me, più importante e cruciale:

–          Le particolari modalità che caratterizzano il fare Counseling!!!

Averle chiare, riconoscerle, saperle agire, è importante perché meglio ci potrà orientare a progettare e a gestire i percorsi formativi di chi dovrà esercitare il Counseling professionalmente.

Ricomincio col ribadire qual è, per me, il risultato al quale ambisce il fare Counseling:

–     produrre, in chi gli si rivolge, uno stato soggettivo di migliore percezione complessiva delle problematiche che sta affrontando, tale da ritrovarsi in possibilità di gestirle meglio.

Ma questa è una fattispecie riscontrabile in molti ambiti di attività umane; quindi, questo non può ancora essere ciò che caratterizza, in particolare, il fare Counseling.

Ciò che lo caratterizza è il suo essere agito in “modalità” di:

–          accoglienza,

–          ascolto empatico ed attivo,

–         osservazione non giudicante,

–       restituzione/condivisione DI, e  confronto SU, quanto accolto, ascoltato, osservato senza giudizio; il tutto attraverso forme di comunicazione efficace ed empatica, che non contemplino la prescrizione, il consiglio, la consulenza (che sono attività proprie di altre professionalità).

Queste sono le “modalità” del Counseling, quando questo avviene in una relazione interpersonale, agita in funzione d’aiuto, questo lo possiamo Evvaichiamare Counseling.

Nella mia esperienza professionale di Counselor, ogni volta che questo avviene, osservo nei miei clienti lo sviluppo di un migliore stato d’animo, corrispondente ad uno stato soggettivo di migliore percezione complessiva delle problematiche che stanno affrontando, tale da farli ritrovare in possibilità di gestirle meglio.

Compreso tutto questo, ed accettato, va da sé che un percorso di formazione in Counseling non possa che essere organizzato attraverso la gestione di attività in grado di permettere l’apprendimento e lo sviluppo delle capacità sopra elencate di (“repetita iuvant”):

–          accoglienza,

–          ascolto empatico ed attivo,

–          osservazione non giudicante,

–          restituzione/condivisione DI, e confronto SU, quanto accolto, ascoltato, osservato senza giudizio,

–          comunicazione efficace ed empatica.

A questo punto possiamo affrontare un aspetto particolarmente critico della formazione in Counseling:

l’integrazione dei “saperi” specifici del fare Counseling.

Insomma, quali insegnamenti? Quali esperienze formative per arrivare a saper “accogliere”, saper “ascoltare empaticamente ed attivamente”, saper “osservare senza giudizio”, ecc. ecc. ecc.?

Cosa e quanto dobbiamo studiare?

A quali e a quante “lezioni” dobbiamo assistere?

A quali training dobbiamo sottoporci?

Alla ricerca di buone risposte a tutte queste domande, credo sia utile partire dall’ovvia considerazione che il fare Counseling è un’attività possibile grazie all’utilizzo integrato di tre particolari “saperi”:

  1. il sapere della Conoscenza,
  2. il saper Fare,
  3. il saper Essere.

maschera uomo biancaPer quanto riguarda il “Sapere della Conoscenza”, sapere dell’uomo, aver conoscenza del chi è, dei suoi processi di crescita e sviluppo,  di cosa vuole, cosa lo muove, che emozioni e sentimenti vive, come tutto questo si sia declinato storicamente, quali siano le relazioni socio-culturali che lo influenzano, a quali influssi mentali, fisiologici, spirituali sia soggetto, insomma sapere dell’uomo è necessario per fare Counseling, anche se non è assolutamente sufficiente e, a volte, può essere addirittura fuorviante.

Questo perché il Counseling funziona quando farlo è “accoglienza”, “ascolto”, “osservazione non giudicante”, “comunicazione empatica”, in una sola parola, quando il farlo è funzione del nostro “sentire”.

Il “sentire” al quale mi riferisco è un concetto molto semplice: è percepire il corpo (come diceva Lowen), tutto ciò che lo compone ed attraversa (aggiungo io).

Se le conoscenze di cui disponiamo riusciamo a farle agire come variabile dipendente del nostro “sentire” (col nostro ascolto), allora facciamo Counseling.

Se, invece, “sentiamo” in funzione di ciò che sappiamo, allora non facciamo Counseling.

In questo senso, i nostri saperi teorici rischiano d’essere un’arma a doppio taglio; possono diventare un impedimento, piuttosto che un supporto al nostro fare Counseling.

La questione, così posta, rimanda ad altre domande; prima fra tutte: se il “sapere della conoscenza” è così rischioso, come gestire questo rischio?

Innanzitutto, riconoscendo che: Viene prima il sentire!

Se la formazione in Counseling parte da lì, se è centrata sulla necessita di formare al sentire, allora quello che ci sarà da “sapere” (studiare) ce lo dirà il “sentire” e sarà proposto dai formatori, alla bisogna.

Ad integrazione di quanto sto argomentando, mi permetto di citare una mia allieva (Valentina Rizzi), dalla sua tesi di Diploma in Counseling (in fase di stesura):

“… Le altre scuole mi avevano presentato dettagliati programmi di studio, divisi per ore, liste di libri e gli argomenti che sarebbero stati affrontati durante i tre anni di formazione.

Domenico mi lasciò un pieghevole informativo sulla sua associazione di Counselor, Lo Specchio Magico, e mi disse che avrei fatto un percorso esperienziale.

Non mi presentò altro, non perché non ci sarebbero stati i libri da leggere o le nozioni da apprendere, ma perché il focus di questo tipo di formazione mi disse ero io, il mio sentire e il contatto con l’ambiente.

Rimasi affascinata da un mondo che non conoscevo e la possibilità di intraprendere una nuova avventura; mi convinsi ad iscrivermi alla suacirco scuola: la “Scuola IN Counseling dello Specchio Magico.

Fu come saltare dall’aereo la prima volta (Valentina è una paracadutista! N.d.r.).

Ero spaventata e allo stesso tempo eccitata per questa nuova partenza.

Consapevole del rischio, avevo deciso di fidarmi della mia intuizione e ora so che non avrei potuto fare scelta migliore.

Quando cominciai la scuola arrivavo da anni passati a studiare formule e teoremi, quindi il primo impatto fu destabilizzante: mi veniva chiesto di stare in contatto con le mie emozioni e di sentire il mio corpo e io non sentivo niente.

Mi sembrava di essere una cassa di legno vuota che non vibrava nemmeno a percuoterla!

Passai i primi mesi ad ambientarmi e fui assalita anche dai dubbi: probabilmente mi sarebbe stato più facile studiare dei testi teorici e fare dei riassunti o ripetere a memoria la lezione, ma qualcosa mi continuava a suggerire che sarebbe stato meglio mettermi in contatto col mio sentire.

Impaziente come ero volevo tutto e subito e non davo valore al tempo e all’esercizio pratico…”.

Insomma, l’universo dei “saperi della conoscenza” utili per fare Counseling è, potenzialmente, infinito.

La formazione in Counseling non potrà, quindi, che assumerlo come sfondo, offrendosi a chi ha già una buona cultura di base e buone capacità di studio.

In primo piano, invece, metteremo l’ascolto, la sua sperimentazione (nei più svariati  modi possibili), la sua esercitazione, fino a farlo diventare esperienza capace di valorizzare il sentire.

delfino1Metteremo l’ascolto al centro del nostro Percorso di Formazione in Counseling e faremo diventare l’ascolto il filo conduttore che ne legherà i piani, quelli in cui la formazione diventerà esperienza: il piano del sentire, quello dell’agire, quello del pensare.

La mia formazione in Counseling è stata, ed è tutt’ora, un percorso di crescita personale la cui principale leva è stata, e continua ad essere, l’ascolto.

Quello che ho imparato ed appreso, o anche solo migliorato, in materia dei “Saper Fare” e dei “Saper Essere” caratterizzanti il mio fare Counseling è stato possibile, e continua ad esserlo grazie al mio ascoltare.

Un bravo Counselor sa cos’è l’ascolto.

La caratteristica fondamentale del Counseling è l’ascolto.

Il potere del Counseling è l’ascolto, occorre una chiave per entrare in possesso di tale potere.

Questa chiave può essere forgiata solo dal fuoco dell’esperienza del potere dell’ascolto; esperienza che non può che essere costruita e ricostruita e vissuta, in sé e per sé, in ogni momento di Formazione in Counseling.

Il costruire e ricostruire e far vivere, in sé e per sé, in ogni momento di Formazione in Counseling, il potere dell’ascolto,  è la principale responsabilità di chi forma al Counseling, tutto il resto è secondario!

Sarà poi compito degli allievi Counselor, prima, e dei Counselor, dopo, fare dell’ascolto la qualità principale della propria esistenza, professionale  e personale.

Nella Formazione in Counseling, quindi, la sperimentazione e l’esercitazione continua dell’ascolto non può che essere non solo al primo posto, ma continuamente richiamata, proposta e riproposta.

Mi soccorre, di nuovo, Valentina:

–       “…Ricordo l’imbarazzo e il disagio che provai a parlare di me stessa e del mio sentire davanti agli altri. giraffe

In qualche modo temevo il giudizio delle persone che erano nella stanza, ma ero io stessa che mi stavo giudicando e scoprii ben presto il valore che i miei compagni avevano per la mia crescita, come sostegno e come ‘cassa di risonanza’ delle mie emozioni.

Grazie al gruppo cominciai a vedere delle cose di me stessa che non avrei mai visto da sola.

‘Come stai?’ apparentemente una domanda banale che ha aperto ogni nostro incontro e che io stessa avevo fatto ad amici e conoscenti centinaia di volte in maniera automatica, senza ascoltare la risposta e senza nemmeno soffermarmi a dare una restituzione vera di quello che era il mio stare.

A scuola e a tutti gli incontri dell’associazione mi veniva richiesto invece di rallentare, ascoltarmi e rispondere con un’emozione che sentivo emergere in quel momento. Nulla di più complicato!

All’inizio mi sembrava di non sentire niente e poi appena cominciai a percepire qualcosa, mi fu impossibile tradurlo a parole … che frustrazione!”

Il rischio che corriamo è che nelle scuole di Counseling si parli di ascolto molto di più di quanto lo si sperimenti, lo si eserciti, lo si alleni.

Invece, dobbiamo poterlo sperimentare in continuazione, così da arrivare ad esprimerlo in forza della nostra esperienza, senza accontentarci di parlarne, citando i grandi maestri.

Allo studio dei “grandi maestri”, delle loro teorie e di ogni elemento culturale necessario, gli allievi Counselor saranno orientati, secondo il loro bisogno di approfondimento, che loro stessi riconosceranno, contando sull’aiuto dei loro trainer.

Insomma, la questione fondamentale della formazione in Counseling è la sua natura di formazione pratico-esperienziale.

Ciò che caratterizza il Counseling non sono i “saperi della conoscenza”, saperi condivisi con mille altre attività umane.

Ciò che caratterizza il Counseling sono i “Saperi” del “Fare” e dell’ “Essere”.

aforismi allo specchioSu questi “saperi” deve essere organizzata la formazione IN Counseling.

Per quanto riguarda il “Saper Fare”, abbiamo già visto di cosa si tratta: saper accogliere, saper ascoltare empaticamente ed attivamente, saper osservare in assenza di giudizio, saper confrontare, restituire, condividere con modalità di comunicazione efficace ed empatica.

Per quanto riguarda il “Saper Essere”, la mia esperienza mi dice che un bravo Counselor non potrà che essere Consapevole (Emotivamente), Responsabile, Presente, Affidabile, Maturo, Empatico, Onesto, Autentico, Assertivo, Proattivo, Creativo e Saggio.

I trainer della formazione in Counseling non possono che lavorare, direttamente, su questi “Saper Fare” e questi “Saper Essere”, sapendo proporre, all’occorrenza, tutte le spiegazioni teoriche necessarie e le indicazioni bibliografiche correlate, che di volta in volta dovessero rendersi necessarie.

Questo vuol dire che le Scuole di formazione in Counseling, più che dotarsi di programmi di studi teorici, dovrebbero dotarsi di formatori assolutamente colti, con l’indispensabile caratteristica di essere dei bravi “Trainer”, ovverosia, dei veri e propri allenatori del “Fare” e levatrici dell’ “Essere”.

Come si “allena” il “ Fare”?

Come si “estrae” e sviluppa l’ “Essere”?

Il “Saper Fare”, non lo si insegna con nozioni teoriche, lo si descrive, lo si racconta, lo si fa vedere, lo si fa sperimentare, lo si allena.

Idem con il “Saper Essere”.

Mi permetto, ancora una volta, di “usare” la mia allieva, Valentina:

“…Nei primi mesi della scuola e per lungo tempo ho mantenuto la mia abitudine ad ‘assentarmi’, con la mente e non stare in contatto.

Nel mio passato di bambina/ragazzina sofferente questo era un ottimo modo per sopportare le situazioni in cui stavo male: pur restando col corpo dove mi veniva richiesto di stare, fuggivo lontano con la mente e la mia fervida immaginazione faceva il resto.

La formazione IN Counseling mi ha dato la possibilità di riconoscere tale atteggiamento (da me, agito nevroticamente) e, quindi, di scegliere di comportarmi diversamente.

Si è trattato di un lungo esercizio, durato tre anni e che prosegue ancora.

La consapevolezza va allenata. festa bambini.jpg

E’ come l’apparato muscolare umano: va esercitato con costanza e gradualità e per questa ragione necessita di tempo. Un tempo variabile che dipende da ogni persona, da ogni ‘fisicità’ e quando finalmente si innesca il processo di cambiamento, esso va sostenuto e continuamente stimolato…”.

Insomma, un percorso di Formazione in Counseling non può che essere una continua riproposizione di esercitazioni in cui il “Fare” e  l’ “Essere” del Counseling sono messi in gioco.

Ecco, a mo’ di esempio, un possibile “progetto di moduli formativi”,
che ben albergherebbero lungo il percorso di una Formazione in Counseling:

–          Esercitazioni di alfabetizzazione emotiva

–          Esercitazioni pratiche di consapevolezza emotiva

–          Esercitazioni pratiche di ascolto

–          Esercitazioni pratiche di contatto

–          Esercitazioni pratiche di Osservazione Non Giudicante

–          Esercitazioni pratiche di ascolto empatico

–          Esercitazioni pratiche di contatto empatico

–          Esercitazioni pratiche di ascolto attivo

–      Esplorazione delle dinamiche emotive umane attraverso lo studio e l’analisi di produzioni artistiche e letterarie ad hoc

–          Esercitazioni di Meditazione

–     Esercitazioni pratiche di Comunicazione Interpersonale di Counseling (es: la tecnica delle domande, la formulazione dei feedback, ecc.)

–          Esercitazioni di espressione artistica per la sperimentazione emozionale

–          Esercitazioni di espressione corporea per la sperimentazione emozionale

–     Esercitazioni di drammatizzazione dei propri stati emotivi e dei propri atteggiamenti mentali e comportamentali

–          Esercitazioni motorie di consapevolezza corporea

–          Applicazioni pratiche di Counseling

–          Supervisione didattica di Counseling

–          Sessioni di Psicoterapia e/o di Counseling Personale

lupifamiglia3Durante ciascuna esercitazione / sperimentazione, i conduttori-trainer dell’esperienza, dovranno saper cogliere ogni buona occasione per presentare i correlati teorici e bibliografici di quanto in ballo.

Va da sé, che sul piano della formazione teorica, una Scuola in Counseling, non potrà che avere l’obbligo di fornire una adeguata bibliografia, la cui conoscenza verrà posta come elemento indispensabile per poter considerare conclusa la formazione, e dovrà avere trainer capaci di padroneggiare a menadito quella bibliografia, per potervisi  riferire ad ogni occorrenza, durante le sessioni di formazione, che saranno tutte di natura esperienziale.

Ciascun allievo studierà e/o approfondirà il materiale teorico, per sé, necessario (tenendo conto che alla formazione in Counseling arrivano persone con differenti background culturali), allenando, anche per questa via, il proprio “saper essere responsabile” (“saper essere” tra i più importanti per chi vuole fare Counseling).

Il Counseling che ho appreso, e che mi piace insegnare, è un Counseling centrato sul valore della Consapevolezza e della Responsabilità.

Consapevolezza dello stato delle cose che ci riguardano; responsabilità di intervento adeguato sullo stesso.

Ora, la Consapevolezza che abbiamo bisogno di formare in una scuola di Counseling è, in primis, quella delle istanze e delle dinamiche emotive che ci riguardano; che riguardano noi e le persone con cui entriamo in relazione.

La Responsabilità che vogliamo sviluppare è quella di dare buone risposte agli accadimenti che ci riguardano; risposte in grado di farceli vivere nel migliore modo possibile, possibilmente traducendo il tutto in esperienze di crescita e sviluppo personale.

Nella mia formazione gestaltica questo vuol dire dar valore ai processi dell’esistenza; imparare a riconoscerli vuol dire imparare a scegliere quelli Gestalt1che produrranno il necessario cambiamento e, quindi, miglioramento, come scrive Simona, un’altra mia allieva, nella sua tesi di Diploma IN Counseling:

“…Il Counseling Gestaltico non ha come obiettivo la spiegazione dei “perché” dei nostri comportamenti e pensieri, non ha come fine la ricerca delle origini delle nostre difficoltà, mira alla consapevolezza dei processi esistenziali (cosa facciamo e come? cosa sentiamo e come? cosa pensiamo e come?) che intessono i nostri vissuti; insomma, presta attenzione, principalmente, ai “come” viviamo e stiamo nelle e con le nostre difficoltà.

La scoperta e la consapevolezza dei “come” è vista come motore del cambiamento.” (Simona Gentile)

Insomma, la questione della formazione in Counseling, in ultima istanza, potremmo opportunamente “ridurla” ad un particolare training volto a sviluppare alcune tra le potenzialità più importanti dell’ Essere Umano:

–       Consapevolezza Emotiva e Sensibilità, Responsabilità, Presenza, Affidabilità, Maturazione, Empatia, Onestà, Autenticità, Assertività, Proattività, Creatività, Saggezza;

nonché vederla come un particolare training volto a sviluppare alcune tra le potenzialità più belle dell’ Agire Umano:

–      saper accogliere, saper ascoltare empaticamente ed attivamente, saper osservare in assenza di giudizio, saper confrontare, restituire, condividere con modalità di comunicazione efficace ed empatica.

Il miglior modo per sviluppare tali potenzialità è esercitarle, allenandole sotto la guida di bravi “maestri”, mantenendosi aperti ad ogni possibile, interessante e funzionale, integrazione.

Ecco a tal proposito quanto scrive Valentina:

6… La cosa che mi ha sempre entusiasmato della mia scuola IN Counseling è la possibilità di contaminazione.

L’orientamento è gestaltico, ma il direttore didattico ha sempre dato spazio all’arricchimento in termini generali ed è per questo che abbiamo avuto l’opportunità di seguire un percorso di Meditazione, di Comunicazione Non Violenta, di fare alcuni incontri di Propriocezione e di Bioenergetica nonché un seminario sul sogno come materiale utilizzabile per il lavoro di consapevolezza.

Il lato esperienziale legato al corpo è ciò da cui sono sempre partita in ogni momento di crisi, il corpo non mente e la maniera che ha di comunicare il suo disagio è semplice e diretto e ogni volta che mi sembra di non sapere da che parte cominciare, mi affido a lui e cerco di ascoltarlo, interpretare le sue richieste, i suoi bisogni che sono poi i miei reali bisogni.

Attraverso il corpo ho sentito chiaramente il mio bisogno di autorealizzazione e di miglioramento e sviluppo della mia autostima.” (Valentina Rizzi)

Quanto fin qui visto rende particolarmente evidente la perniciosa sterilità della posizione di alcuni psicologi, che reclamano l’esercizio del Counseling come proprio, esclusivo, appannaggio.

Certo, da un punto di vista storico, nella prima metà del secolo scorso, la nascita del Counseling, come modello di attività di rilievo professionale, nonché di prima, formale, denominazione, la dobbiamo ad alcuni Psicologi che, rompendo la tradizione medico-scientista in materia di cura delle forme di disagio psichico, riconobbero ed avvalorarono nella loro pratica professionale, l’importanza di una particolare relazione interpersonale, onesta e rispettosa dei sentimenti e dei bisogni in campo, basata sull’accoglienza, sull’ascolto ed il confronto empatico, sull’osservazione non giudicante, su forme di comunicazione efficace.

Erano psicologi di stampo umanistico, cultori delle scienze storico-sociali, esperti ed appassionati delle più svariate forme d’espressione artistica, 81religiosa e spirituale.

Si muovevano contro le afflizioni dell’establishment universitario-accademico-medico-scientista; proponevano un modello di “cura” che si sganciasse dai modelli meccanicistici-medico-sanitari; un modello di “cura della persona” che si rivolgesse alle valenze relazionali di aiuto, di sostegno alla crescita e allo sviluppo personale; proponevano un modello dialogico-processuale, centrato sulla valorizzazione della naturalità dell’organismo, sulla sua spontanea tendenza alla crescita, allo sviluppo e al miglioramento; consideravano il miglioramento dell’organismo umano (visto nella sua interezza di psiche, soma, identità sociale) possibile quando lasciato libero di, ed invogliato a, realizzarsi a proprio piacimento.

In altre parole, guardavano alla promozione del benessere delle persone, alla loro crescita e sviluppo, piuttosto che alla cura delle loro malattie.

Questo ha rappresentato certamente un passaggio particolarmente importante e significativo nella storia del Counseling.

Ma questo non può certo obbligarci a confinare l’esercizio del Counseling negli angusti ranghi composti dai laureati in Psicologia, che, spesso e in maggior parte, oggi danno più valore ai modelli di “cura” medico-sanitari, diagnostici-prescrittivi-procedurali, che non ai modelli del “prendersi cura”, dialogici-processuali.

Il Counseling pensato dagli Psicologi Umanisti, non fece “altro che” riformulare e rilanciare attività umane proprie di vasti retroterra storico-culturali; retroterra storico-culturali che spaziano dalla mitologia classica alla tragedia greca; dalla storia della filosofia alle più svariate tradizioni di tipo spirituale, socio-rituale e religioso; dalle pratiche di meditazione orientale alla storia delle attività motorie, creative e artistiche dell’uomo; dalla storia della letteratura a quella della poesia; dalla critica sociale all’ecologia; dalla saggezza dei popoli primitivi, con le loro conoscenze sciamaniche, fino alle nostre scienze sociali.

counseling.8Con il loro proporre questo particolare modello di “prendersi cura” (non di genere medico-sanitario), che chiamarono Counseling, gli Psicologi Umanisti hanno rilanciato e consegnato all’intera umanità (e non ai soli laureati in Psicologia) una possibilità di intervento e di azione buona in mille occasioni e proponibile, come possibilità d’azione professionale, da chiunque ne sappia sposare filosofia, spirito e modalità.

Insomma non c’è bisogno d’esser Psicologi per fare Counseling, anzi, una semplice laurea in Psicologia non fornisce le competenze necessarie per fare Counseling.

Per di più, come non vedere anacronistica, insostenibile, illiberale, addirittura kitsch e patetica, la pretesa di qualcuno di rivendicarne l’esclusiva!? (della cura dell’anima, alias della psiche, nella storia dell’umanità, già  hanno rivendicato e rivendicano l’esclusiva le correnti paranoiche dell’oltranzismo religioso, con tutti gli effetti disumani che ben conosciamo).

Può fare Counseling chi avrà fatto un’adeguata formazione in Counseling!!!

Se noi togliamo alle relazioni di stampo “psicologico” e/o “psicoterapeutico” le valenze medico-sanitarie a queste, spesso impropriamente, assegnate; se le guardiamo nella loro veste di relazione dialogico-processuale, centrata su di un concetto di psiche riguardante la dimensione emotiva-spirituale-esistenziale del vivere; se possiamo riconoscerci in un concetto di terapia non medica, che riguardi  (secondo l’accezione classica, quella degli antichi greci, per intenderci) il prendersi cura della persona, della sua crescita e del suo sviluppo e non delle sue malattie e dei suoi disturbi mentali; possiamo facilmente vedere il Counseling come una attività integrata alla relazione  psicoterapeutica; attività che da   questa può essere disaggregata ed agita autonomamente, senza bisogno d’essere, obbligatoriamente, degli psicologi / psicoterapeuti per farla, “basta” essere Counselor! Basta aver fatto una Formazione in Counseling!

E, a tale proposito, voglio, qui e ora, presentare un possibile

 “Manifesto” della Formazione IN Counseling:

  1. “Il Counseling è un processo dialogico-relazionale volto ad aiutare, chi gli si rivolge, a produrre in sé stesso uno stato soggettivo di sogni.12migliore percezione complessiva delle situazioni problematiche che sta affrontando, tale da ritrovarsi in possibilità di gestirle meglio. Il Counseling è un metodo di relazionarsi  e di rispondere agli altri basato sull’accoglienza, l’ascolto attivo ed empatico, l’osservazione non giudicante, la restituzione/condivisione empatica di, ed il confronto su, quanto accolto, ascoltato, osservato senza giudizio, il tutto agito con tecniche di comunicazione efficace ed empatica”.
  2. Il Counseling è una relazione interpersonale che necessita, sostanzialmente, di “Saperi” legati al “Fare” e all’ “Essere”. Del primo, riconosciamo il saper accogliere, saper ascoltare empaticamente ed attivamente, saper osservare in assenza di giudizio, saper confrontare, restituire, condividere con modalità di comunicazione efficace ed empatica. Del secondo, riconosciamo il saper essere sensibili ed emotivamente consapevoli, soggettivamente responsabili, presenti, affidabili, maturi, empatici, onesti, autentici, assertivi, proattivi, creativi, saggi.
  3. Essendo il Counseling un’attività centrata su specifici saperi del “fare” e dell’ “essere”, non può che prevedere una formazione, sostanzialmente, d’ordine pratico-esperienziale, fondata su modalità pratiche di “descrizione”, “racconto”, “visualizzazione”, “sperimentazione” ed “allenamento” dei “Saper Fare” e dei “Saper Essere” che lo caratterizzano; il tutto ruotante intorno all’ascolto, come esperienza continuamente vissuta e richiamata in ogni momento di Formazione in Counseling; ascolto che, in quanto vero e proprio  centro gravitazionale di ogni attività di Counseling, poniamo così come centro gravitazionale di ogni esperienza formativa in Counseling.
  4. Ciò nonostante, e per meglio rendere possibile la Formazione in Counseling, potrà accedere alla stessa solo chi avrà, o dimostrerà di potersi dotare, di una cultura di base in grado di comprendere l’uomo, nei suoi aspetti esistenziali di crescita e sviluppo,  di volontà e di motivazioni, di emozioni e sentimenti; una cultura di base in grado di permettergli di comprendere quali siano le relazioni socio-culturali che lo influenzano, a quali influssi mentali, fisiologici, spirituali sia soggetto, come tutto questo si sia declinato storicamente. La Formazione in Counseling assumerà tutto questo come sfondo, richiamando da questo, specificandolo ad ogni occorrenza, quanto dovesse servire a comprenderne e a sostenerne le dinamiche pratico-esperienziali sulle quali essa stessa è basata.
  5. libriOgni scuola di Counseling ha l’obbligo di dotarsi, e di tenere aggiornata, una bibliografia di riferimento, da fornire ai propri allievi, utile ad inquadrare quanto espresso nei precedenti punti, nonché di precisare, e ben padroneggiare da un punto di vista teorico-concettuale, il modello culturale di specifico riferimento al quale si ispira.
  6. Ogni scuola ha l’obbligo di dotarsi di trainer colti a sufficienza, per poter gestire, all’occorrenza, ogni tipo di collegamento e rimando al modello culturale e alla bibliografia di cui al precedente punto, durante ogni sessione scolastica di formazione pratico-esperienziale in Counseling.
  7. I trainer della Formazione in Counseling avranno la responsabilità di aiutare, ad hoc, i propri allievi, nell’apprendimento della bibliografia e del modello teorico-concettuale di riferimento della propria scuola, nonché di verificarlo.
  8. La Formazione in Counseling è organizzata in una successione di moduli formativi gestiti attraverso esercitazioni in grado di mettere a punto i “Saper Fare” e i “Saper Essere” che lo caratterizzano. Tali esercitazioni saranno giochi di ruolo, drammatizzazioni, espressioni e/o esercizi a corpo libero e/o con strumentazioni di vario tipo; potranno essere esercitazioni di scrittura, pittura, scultura, training centrati sul pensiero, sull’immaginazione, sul respiro, sulla meditazione; saranno training volti ad esercitare le capacità di accoglienza, ascolto attivo ed empatico, nonché le capacità di osservazione non giudicante,  di condivisione, restituzione, confronto e di comunicazione efficace ed empatica; saranno training prevalentemente di gruppo e, all’occorrenza, individuali. Particolare rilievo, quantitativo e qualitativo, nel percorso di Formazione in Counseling, sarà dato all’organizzazione di vere e proprie sessioni di Counseling, individuale, di coppia e di gruppo, gestite dagli stessi allievi.
  9. Elemento ineludibile del percorso di Formazione in Counseling sarà il lavoro personale di conoscenza di sé, delle proprie difficoltà emotive, socio-relazionali ed esistenziali, che ciascun allievo counselor svolgerà, seguendo un adeguato percorso psico-terapeutico o di Counseling personale.
  10. Data la delicatezza, e lo spessore, dei “Saper  fare” e dei “Saper Essere” che la Formazione in Counseling si ripromette di strutturare, la stessa non potrà durare meno di tre anni, comprendendo un minimo di 450 ore di formazioni di gruppo, un percorso individuale psicoterapeutico o di Counseling di almeno 50 ore, un tirocinio professionale di almeno 150 ore; per un totale, quindi, non inferiore alle 650 ore. Sarà questo un tempo ed un monte ore formativo minimo indispensabile per ogni Formazione in Counseling; formazione  che, nel preparare Professionisti Counselor, mira a formare delle persone esperte in gestione delle relazioni umane; persone con spiccata sensibilità umana ed esperienza di vita, capaci di particolare intuito e lungimirante saggezza; persone dotate di superiore consapevolezza ed intelligenza emotiva e di spiccato senso di responsabilità individuale e sociale.

Adesso chiudo. 05

Concludo questo mio articolo con alcune splendide parole che Simona Gentile, una mia neodiplomata allieva, utilizza per presentare la sua tesi di Diploma IN Counseling, nel blog della nostra scuola:

“… Nel mio bagaglio professionale e personale sono oggi presenti parole come accoglienza e assenza di giudizio, parole che non risuonano solo come etichette corrispondenti ad un significato, ma  come stili relazionali di cui ho fatto esperienza in un ambiente sicuro e protetto: il mio gruppo di formazione.

Stando all’interno del gruppo ho riscoperto la possibilità di uno sguardo sull’altro senza pregiudizio che tutti noi possediamo, spesso senza averne consapevolezza, e che ci permette di partire dai nostri sentimenti e dalle nostre emozioni per arrivare a vedere quelli del prossimo in modo autentico e sincero, anche in situazioni in cui prevale il  disaccordo e il conflitto.

Ho potuto apprezzare e constatare i benefici di una formazione attraverso la quale si apprende ben di più di ciò che è possibile trovare su qualunque libro: l’insegnamento a stare con le proprie emozioni, a riconoscerle grazie ad una esperienza prolungata di alfabetizzazione emotiva, esperienza di cui tutti dovrebbero essere provvisti per poter socializzare senza censure e repressioni i propri sentimenti. Nelle ultime righe della mia tesi, mi trovo a fare un bilancio delle emozioni che caratterizzano la fine di questo percorso e ne rintraccio tante, diverse, ognuna collegata ad un ricordo: soddisfazione, gratitudine, fierezza, felicità, affetto e anche paura, timore e dispiacere.

Una, più di tutte, riconosco ed è la fiducia accompagnata alla speranza che io possa servirmi, in ogni situazione di vita, personale e professionale, di ciò che ho appreso, per stare in modo consapevole con me stessa e di conseguenza essere di sostegno per l’altro,  accettando e accogliendo il continuo cambiamento delle stato delle cose che ci riguardano”. (Simona Gentile).

Grazie a Tutt* per la lettura e, ancor di più, per l’ascolto.

Domenico Nigro.

Direttore didattico Scuola IN Counseling, Lo Specchio Magico – Torino.

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