Introduzione al “Manuale di Istruzione & Formazione IN Counseling”

Introduzione

“Counseling. Manuale di Istruzione & Formazione”

Sono Domenico Nigro, sono un counselor, mi occupo di formazione e di supervisione in counseling. Nel 2011 ho fondato la Scuola IN Counseling Lo Specchio Magico Torino.

Con questo manuale intendo offrire un quadro sufficientemente buono delle conoscenze e della cultura generale necessarie per fare Counseling e proporsi professionalmente come counselor.

È questa, quindi, un’opera utile a chiunque voglia imparare a fare counseling, a chiunque lo stia già facendo e a chiunque, a qualsiasi titolo, al counseling possa essere interessato.

Per info dettagliate sul manuale,

clicca qui.

Il Counseling, una relazione che si fa esperienza.

Al Counseling sono associate diverse visioni, che in vario modo ne valorizzano, o marginalizzano, caratteristiche e contenuti.

La visione del Counseling proposta in questo manuale è centrata sul suo valore di esperienza relazionale.

Questo perché è il farsi esperienza della relazione di counseling, che offre, a chi vi si rivolge, la possibilità di apprendere quanto serve per meglio affrontare le proprie difficoltà e stare meglio.

Probabilmente, per meglio comprendere cos’è il Counseling, ci aiuterebbe pensare al Counseling come a una relazione “che” aiuta, piuttosto che “di” aiuto!

Una relazione “che” aiuta a stare meglio, per il suo saper essere fonte di apprendimento di ciò che serve per stare meglio!

La relazione di counseling è “una relazione che si fa esperienza” di nuovi modi, nuove possibilità di stare al mondo, per meglio affrontare le difficoltà esistenziali con le quali si stanno facendo i conti.

La relazione di Counseling è un’esperienza che aiuta a:

  • avere una più chiara visione e coscienza di quanto ci sta capitando e della parte che in esso vi stiamo svolgendo,
  • avere più fiducia nelle possibilità di migliorare/cambiare lo stato delle cose che ci stanno mettendo in difficoltà,
  • scoprire come farlo, trovando il coraggio e la forza di cominciare a farlo.

Dall’esperienza che viviamo/maturiamo facendo Counseling, sviluppiamo una più chiara e buona coscienza di quanto ci sta accadendo, questo produce fiducia nei nostri mezzi e nelle nostre possibilità di affrontarlo; una fiducia che muove il nostro coraggio e attiva la nostra forza per farlo.

Il Counseling è un’esperienza relazionale che valorizza le funzioni e le integrazioni dei tre registri in cui si svolge la nostra esistenza: il Sentire, il Pensare, l’Agire.

La relazione di Counseling è una vera e propria relazione, in cui il counselor dà valore a, e fa leva su, quanto sente, pensa e fa, e su come il proprio sentire, pensare e agire interagisca con quello del cliente, aiutandolo a corrispondervi in ugual modo.

Il counselor chiama il proprio cliente a vivere una vera e propria esperienza di vita, coinvolgendolo in una vera e propria esperienza relazionale, in cui entrambi, counselor e cliente, partecipano attivamente (a differenza, ad esempio, delle relazioni terapeuta-paziente, in cui il terapeuta è chiamato a vivere la relazione standone il più fuori possibile, considerando il parteciparvi una dinamica inquinante gli esiti del proprio lavoro).

Quello che accade nella relazione di Counseling, il modo in cui accade, è una vera e propria esperienza d’apprendimento, per il cliente, di cosa cambiare e come, per meglio affrontare gli stati di difficoltà esistenziali che sta vivendo e rispetto ai quali chiede aiuto.

Nella relazione di counseling, tali stati di difficoltà sono rivisitati e rivissuti, simbolicamente/immaginariamente; diventano oggetto empaticamente partecipato dal counselor, che, così, ne condivide l’esperienza e, della stessa, può offrire al proprio cliente, il rispecchiamento dei propri sensi, sentimenti e significati.

Il Counseling funziona, così, come esperienza di tipo pedagogico, più che psicologico; intendendo per esperienza pedagogica quel vissuto che, trasformato in esperienza, permette a chi la vive di imparare qualcosa.

Insomma, la relazione di Counseling è una leva di scoperta e apprendimento circa il da farsi, e come, per migliorare i momenti critici della propria esistenza; in questa veste, il Counseling può essere una chiave di crescita importante, per chiunque gli si rivolga.

Un counselor aiuta i propri clienti a vivere, nelle proprie relazioni di counseling, vere e proprie esperienze, dalle quali loro stessi apprenderanno modi più sani ed efficaci di affrontare le loro difficoltà.

Tali esperienze sono, per i nostri clienti, vere e proprie esperienze di crescita personale, aiutate e facilitate da noi counselor.

In che modo?

Per rispondere a questa domanda, precisiamo cosa intendiamo per “fare esperienza”.

Facciamo esperienza di qualcosa quando la scopriamo, ne apprendiamo il senso, il valore, il funzionamento, il come “quel qualcosa” ci fa stare, emotivamente e con i nostri sensi, e cosa produce, in noi, per noi, fuori di noi.

Per riuscirci, noi counselor ci concentriamo sulla nostra propriocezione (la percezione di noi stessi), chiedendoci cosa questa ci dice, che valore ha per noi, cosa ce ne stiamo facendo, cosa ce ne possiamo fare, e come, per stare meglio.

Uniamo cioè il nostro “Sentire” al nostro “Pensare”, lo facciamo interagire coscientemente, alla ricerca delle migliori, relative, declinazioni comportamentali.

Procediamo così all’elaborazione/costruzione mentale di come questo “qualcosa” si è presentato a noi, come vi abbiamo interagito, cosa questo ha prodotto; in altre parole, procediamo alla definizione di un’esperienza, che condividiamo con il nostro cliente, coinvolgendolo nel fare altrettanto, per se stesso, insieme a noi.

Ciò che si sviluppa, nella relazione col cliente, permette a entrambi di “confezionare” nuove esperienze, che avranno tanto più valore quanto più saranno in grado di comprendere, dando loro un senso e una funzione, il maggior numero di elementi presenti e agenti nei vissuti narrati dai nostri clienti.

Gli elementi agenti nei vissuti narrati dai nostri clienti sono i sentimenti, i comportamenti e le azioni, i pensieri e gli stati mentali, i valori culturali e le idealità di tutti i soggetti che in quei vissuti sono coinvolti; vissuti che noi esploriamo, facendo “Yogging” con i nostri clienti.

Cos’è lo Yogging diventerà chiaro procedendo nella lettura/studio del presente manuale; per ora anticipiamo che lo Yogging è lo “Yoga del Sentire, del Pensare, dell’Agire”, è il muoversi tra questi tre registri, per meglio integrarli.

Sono questi i tre registri in cui si muove l’esistenza umana ovvero i tre motori che ci muovono, conducendoci attraverso le esperienze della nostra vita.

Ora:

  1. Considerando l’esistere e lo stare in vita, di noi esseri umani, una possibilità dipendente dalla capacità di soddisfare i nostri bisogni e dipendente dal nostro modo di contattare l’ambiente, di starci in relazione e di gestire questa relazione,
  2. Poiché tutto questo avviene grazie a ciò che Sentiamo, Pensiamo e Facciamo,
  3. Ecco allora che le migliori esperienze possibili, di apprendimento e crescita, per noi esseri umani, sono quelle che facciamo quando ciò che accade in ciascuno di questi tre registri è in armoniosa e funzionale corrispondenza/contatto con quanto accade negli altri due.

Insomma, per tutti noi esseri umani, la coscienza/conoscenza che abbiamo, di ciò che Sentiamo, Pensiamo e Agiamo, è alla base della qualità del contatto/interazione che viviamo con l’ambiente e con chiunque altro entriamo in relazione.

Per questa ragione noi Counselor, per fare Counseling, coinvolgiamo i nostri clienti in attività che possano far emergere e rendere riconoscibile cosa accade, e come, nei loro tre registri del Sentire, Pensare e Agire, in rapporto alle questioni che ci sottopongono.

In altre parole, puntiamo a definire/riconoscere, con loro, la fenomenologia delle loro esperienze (alla fenomenologia è dedicato, in questo manuale, un capitolo specifico), confidando che questo li muoverà verso i cambiamenti, possibili, di cui necessitano, per ottenere i miglioramenti che stanno cercando.

La relazione di counseling è un’esperienza di positivo, sano, ben funzionante ed efficace contatto counselor-cliente, che rende possibile, per quest’ultimo, il fare esperienza di un buon contatto tra i propri registri del Sentire, Pensare e Agire; questo si trasforma in un’esperienza dalla quale apprendere, e fare propri, migliori modi di contattare gli altri e l’ambiente, modi utili e funzionali a meglio affrontare i propri problemi.

Questo è quanto accade in una relazione di Counseling!

Per questo diciamo che “Counseling è Cambiamento”, cambiamento dei modi di contattare e di stare in, e agire la, relazione con l’ambiente, alias “l’altro” delle, e nelle, nostre relazioni interpersonali.

Il Counseling rende possibile questo cambiamento perché lavora, innanzitutto, sulla qualità del contatto con se stessi, che presiede al contatto con l’altro, con l’ambiente.

Per fare questo, il counselor accompagna i propri clienti lungo sentieri di consapevolezza ancorati al “Sentire”, aiutandoli ad ascoltare emozioni, sensazioni, sentimenti, a scoprirne il senso e i più sani collegamenti con i propri pensieri e comportamenti.

Per fare questo, il counselor fa Yogging con i propri clienti!

Lavora cioè sulla qualità del contatto tra ciò che il cliente sente, pensa e fa, in rapporto agli accadimenti che lo stanno mettendo in difficoltà.

Tale lavoro è ciò che qualifica e caratterizza la relazione di Counseling.

Il counselor aiuta il cliente, nelle contingenze relazionali delle proprie sessioni di counseling, a contattare in modo nuovo, emozioni, sensazioni, immaginazioni, desideri, principi etici e morali, norme e valori personali e sociali, che caratterizzano i vissuti rispetto ai quali chiede aiuto.

Attraverso queste nuove modalità di contatto, sperimentate, insieme ai relativi benefici, nelle proprie sessioni di counseling, il cliente vivrà nuove esperienze, dalle quali trarrà orientamenti e stati d’animo che lo indurranno a muoversi verso comportamenti più funzionali alla positiva gestione dello stato delle cose riguardanti le proprie difficoltà, beneficiandone sull’intero piano della propria esistenza!

Il counselor gestisce la relazione di counseling coinvolgendo il cliente, confrontandolo e proponendogli esercitazioni varie, di contatto interiore ed esteriore, agganciando il tutto a tre questioni fondamentali:

  1. Cosa senti?
  2. Cosa fai?
  3. Cosa pensi?

Muovendosi, insieme al cliente, tra i registri della realtà e quelli dell’immaginazione (cioè facendo Yogging) il counselor sostiene il “confezionamento” di nuove esperienze per il cliente e per se stesso.

Le tre questioni del Cosa senti? Cosa fai? Cosa pensi? Ripetutamente proposte al cliente, sono altresì, dal counselor, continuamente rivolte a se stesso (Cosa sento? Cosa penso? Cosa faccio?), per tenere vive le necessarie risonanze/dissonanze relazionali e “sfruttarle”, strategicamente, nella relazione di Counseling.

Per questo una buona definizione di Counseling potrebbe recitare:

<<Il Counseling è la forma d’aiuto professionale praticata da un Counselor, principalmente, in forza di uno specifico e particolare modo di stare con se stesso, in relazione con i propri clienti; interagendovi intenzionalmente con pratiche volte ad avviare-rilanciare-sostenere, negli stessi, sviluppi di consapevolezza personale tali da migliorarne significativamente le capacità/possibilità di affrontare più efficacemente le situazioni problematiche che stanno vivendo e rispetto alle quali chiedono aiuto>>.

 La bravura di un counselor dipende, quindi e principalmente, dalla qualità del contatto che è in grado di gestire con i propri clienti; tale qualità è sempre una corrispondenza diretta dei suoi stati di consapevolezza personale-relazionale.

Questi stati di consapevolezza sono una risultante delle pratiche di conoscenza di sé, basate sull’ascolto propriocettivo, che noi counselor abbiamo esercitato nel corso della nostra Formazione IN Counseling e, che, da allora, caratterizzano la nostra esistenza.

Nel Counseling, è la qualità del contatto counselor-cliente che, per il cliente, “si fa esperienza” in grado di produrre cambiamenti nel proprio modo di percepire se stesso, gli altri e l’ambiente; un’esperienza che lo motiverà a muoversi verso quei cambiamenti che gli permetteranno di meglio affrontare le difficoltà rispetto alle quali sta chiedendo aiuto.

Potremmo quindi dire che il counselor sia una sorta di facilitatore esistenziale?
Nel cliente facilita la rielaborazione degli stili di pensiero e di comportamento, dei modelli ideali e degli stati d’animo, delle analisi/valutazioni del passato e del presente e delle progettazioni del futuro; lo fa facendo leva sul “Sentire” del cliente e sulle sue possibili rivisitazioni; lo fa valorizzando le potenzialità del cliente, e le relative possibilità di espressione e sviluppo, mettendole in luce, grazie alla relazione stessa di Counseling; lo fa mettendo in atto forme di comunicazione interpersonale gentili, empatiche e compassionevoli, che sostengono il contatto e lo qualificano (fra queste, fondamentale è il ricorso a un particolare modo di gestire i feedback); lo fa grazie al fatto di aver imparato a stare lui stesso in contatto con se stesso e con l’ambiente nel quale, e col quale, vive, lavora, collabora.

Il Counseling, un presidio del cuore

La visione del Counseling come attività pratica-esperienziale, che qui si propone, non esclude l’importanza, per esercitarlo professionalmente, di uno specifico background culturale e di particolari conoscenze, frutto di studi e approfondimenti teorici specifici.

Precisiamo però che gli studi e gli approfondimenti teorici specifici, maggiormente utili e/o necessari a noi Counselor, non riguardano principalmente il mondo della Psicologia, i cui approcci, spesso, contrastano i principi e i metodi cui noi counselor ci ispiriamo e che mettiamo in atto nelle nostre relazioni di Counseling.

Le conoscenze che ci servono, per imparare a fare Counseling, appartengono più a uno sguardo sull’uomo di tipo storico, filosofico, antropologico, sociologico, pedagogico che psicologico.

Alcune conoscenze di Psicologia, per noi counselor, sono certamente utili, perché ci forniscono opportune indicazioni sul come muoverci, nelle nostre relazioni professionali, ma non possono essere utilizzate come leva del nostro lavoro, pena non fare Counseling, ma scimmiottare psicologi e psicoterapeuti, dando loro buoni motivi per accusarci di uso abusivo della loro professione.

Quello che qualifica il Counseling, che facciamo noi Counselor, è un’accurata e capace gestione di specifiche attività, apprese in forza di una specifica esperienza formativa, centrata su saperi di tipo pratico:

  • Saper accogliere;
  • Saper ascoltare;
  • Saper osservare senza giudicare
  • Saper comunicare in modo non violento, empatico compassionevole ed efficace;
  • Saper avere una presenza attenta, consapevole e interattiva (cioè la “pratica” dell’“esserci” nella relazione, dello starci dentro, in contatto empatico col cliente; diversamente da quanto fanno altri professionisti della relazione d’aiuto, che considerano il proprio coinvolgimento umano, nella relazione con i propri pazienti, un’interferenza, un fattore di disordine, di mancanza di controllo e di verificabilità scientifica).

Grazie a tali “saperi”, basati su specifiche “pratiche”, noi counselor riusciamo a incontrare l’altro, suscitando in lui sentimenti di fiducia, riconoscimento, rassicurazione, conforto.

Grazie a tali pratiche (l’ascolto è una pratica, l’accoglienza è una pratica, l’osservazione non giudicante è una pratica, la comunicazione è una pratica, l’esserci è una pratica e un fatto pratico!) noi counselor accompagniamo i nostri clienti lungo percorsi di consapevolezza personale, che li metteranno in condizione di meglio affrontare i loro problemi e, magari, risolverli.

Ciò che caratterizza il nostro fare Counseling è il nostro modo di stare e agire nelle nostre relazioni professionali, con i nostri clienti, che non consideriamo “pazienti”, né potremmo farlo.

Certo, il nostro “saper fare counseling” è alquanto aiutato da una buona conoscenza dell’uomo, in particolare:

  • Della natura storico-sociale della sua esistenza
  • Delle sue influenze ambientali
  • Dei suoi processi di crescita e sviluppo
  • Dei suoi cicli di vita personale e sociale
  • Delle sue dinamiche psichiche, socio-culturali e di comunicazione interpersonale
  • Delle sue caratteristiche legate all’appartenenza di genere.

Di questa conoscenza, con questo manuale presentiamo una sorta di vetrina specialistica, ma non ci sarà mai una conoscenza dell’uomo che potrà sostituirsi, nel nostro fare Counseling, alla capacità di percepire i moti provenienti dal “Sentire”, nostro e dei nostri clienti.

Per questo diciamo che la relazione di Counseling è un presidio del cuore, perché il fare Counseling poggia su ciò che sentiamo, prima che su ciò che pensiamo, e quello che sentiamo, fatalmente, se non parte dal cuore, o non lo centra in pieno, lì intorno finisce con l’orbitare.

Per imparare a sentire i moti del cuore, così come tutti i messaggi che i nostri sensi, per il tramite del corpo, trasmettono, è indispensabile imparare ad ascoltarli, facendone pratica.

Nel corso della nostra Formazione IN Counseling, noi counselor facciamo pratica d’ascolto del nostro “Sentire”, allenandoci ad accoglierlo e a condividerlo.

Tutti gli studi teorici associati alla nostra Formazione IN Counseling saranno senz’altro utili, ma non ci metteranno mai in condizione di fare Counseling, senza un’adeguata esperienza diretta delle “pratiche” su cui si basa il farlo.

Valga per tutti il seguente esempio: tra sapere, da un punto di vista teorico-ideale, cosa e come fare per accogliere-ascoltare l’altro e “saperlo fare” concretamente (riuscire cioè ad accogliere/ascoltare l’altro adeguatamente, col carico di tensioni emotive e materiali che si porta dietro, quando viene a chiederci aiuto, riuscire a stare con lui ed entrare in una relazione che lo aiuti a stare meglio e a muoversi meglio nelle circostanze difficili che sta attraversando), c’è un vuoto che può riempire solo l’apprendimento pratico del particolare modo di accogliere/ascoltare e stare in relazione, di cui noi counselor diventiamo esperti grazie al taglio pratico-esperienziale della nostra Formazione IN Counseling.

Una formazione, quindi, la cui filosofia pedagogica è quella di chiamare gli allievi, più che a “imparare”, grazie agli insegnamenti che ricevono, a “apprendere” (prendere e fare proprio) ciò che esperiscono personalmente.

Nelle Scuole di Counseling, l’apprendimento di cui parliamo è reso possibile da una didattica centrata sul “lavoro” personale di conoscenza di sé, con particolare riferimento al riconoscimento e alla rielaborazione di quelle proprie dinamiche emotive e culturali, che potrebbero ostacolare il riuscire ad accogliere l’altro e stare con lui, in ascolto.

Chi si avvicina alla Formazione IN Counseling è mosso da un bisogno di crescita personale, che nessuna esperienza scolastica istituzionale e universitaria è in grado di dare.

Tale bisogno di crescita personale corrisponde a un bisogno di ricevere aiuto e di imparare a darlo, che la Formazione IN Counseling soddisfa per il tramite del lavoro su di sé, principalmente in gruppo, e, collateralmente, attraverso la messa a punto di saperi teorico-pratici specifici, per accedere ai quali è indispensabile possedere buone capacità di apprendimento, piuttosto che avere particolari livelli di apprendimento!

D’altronde, come non considerare quanto la Formazione IN Counseling sia una formazione per adulti (a volte di età avanzata), che, pur in assenza di percorsi universitari, possono avere esperienze di studio personale, di vita e di lavoro tali da permettere loro, assolutamente, di seguirla con profitto?

Si precisa questo perché, per quanto si possano comprendere le ragioni di carattere politico-corporativo che stanno spingendo verso l’esclusione dalle scuole di counseling di chi non è laureato, noi counselor, coerentemente con il nostro spirito inclusivo, che accoglie e valorizza quello che c’è, piuttosto che quello che manca, dovremmo ben sapere che, procedendo in questa direzione, negheremo a molti la bellezza e il valore della Formazione IN Counseling, a molti che la potrebbero concretamente fare (nonostante la mancanza di una laurea) e ne potrebbero beneficiare personalmente, con tutta l’utilità che questo comporterebbe a livello sociale e culturale, generale.

In fin dei conti, per risolvere il problema dei requisiti necessari per accedere a una Formazione IN Counseling, basterebbe assegnare alle scuole di counseling la responsabilità di verificare, per ciascun richiedente, l’idoneità personale a svolgere positivamente i propri programmi formativi e di studio e, alle associazioni professionali di counselor, più stringenti criteri di verifica delle competenze professionali dei propri associati.

Per iscriversi a una Scuola di Counseling servono buone capacità di apprendimento personale, propensione al confronto interpersonale, uno sviluppato senso critico, una buona disponibilità a mettersi in gioco emotivamente e una cultura di base in grado di reggere e valorizzare gli approfondimenti teorico-culturali funzionali allo sviluppo del percorso stesso di Formazione IN Counseling, che quella stessa Scuola propone.

Ma come poter affermare che per avere tutto questo sia indispensabile avere una laurea?!

Perché non spostare l’attenzione dai titoli di studio necessari per iscriversi a una Scuola di Counseling, alle competenze (in qualunque modo maturate) e alle caratteristiche personali di chi intende farlo?

Perché non puntare l’attenzione sulla qualità e l’organizzazione degli Istituti che si occupano di Formazione IN Counseling, sulle loro ispirazioni, sulle loro motivazioni e sulla loro capacità di gestire procedure idonee alla verifica e/o alla formazione di quanto serve per svolgere positivamente i propri programmi scolastici?

In altre parole, non potrebbe essere:

  1. Responsabilità dell’ente formativo verificare la cultura e le attitudini di base per potere e sapere stare nei lavori di gruppo organizzati per la Formazione IN Counseling?
  2. Compito dell’ente formativo gestire l’efficace offerta di un piano di studi mirato, affinché l’allievo acquisisca le conoscenze teoriche indispensabili al suo fare counseling?

In materia di “piano di studi mirato all’acquisizione delle conoscenze teoriche indispensabili a chi voglia fare counseling” il presente manuale si propone come modello.

Basta scorrerne l’Indice, per averne il quadro d’insieme.

Questa è l’Introduzione di un manuale progettato con lo scopo di fornire un esaustivo, ancorché di base, piano di studi, in grado di soddisfare l’esigenza di conoscenze necessarie, se non proprio indispensabili, per diventare un Counselor e/o per potersi considerare tale.

Perciò, nel presente manuale, ai capitoli specifici dedicati al Counseling (cos’è, come si fa, come si impara, qual è la sua storia, ecc. ecc.), se ne aggiungono altri, volti a delineare gli orizzonti culturali e di conoscenze sull’esistenza umana necessari ad un counselor per esercitare con buone “cognizioni di causa” la propria professione, e altri ancora, dedicati alla Comunicazione interpersonale, essendo questa una competenza fondamentale per fare counseling.

Se pensiamo a come impariamo a fare Counseling, non possiamo che rispondere:

  1. Imparando ad ascoltare, allenando le nostre capacità di accoglienza e di percezione,
  2. Imparando a comunicare efficacemente, in modo gentile e non violento,
  3. Imparando un particolare modo di stare in relazione e un particolare modo di dare i nostri feedback,
  4. “Lavorando” continuativamente su noi stessi,
  5. Studiando, per imparare a conoscere l’uomo, nei suoi aspetti fondamentali di “funzionamento”, cioè studiando una materia che, in chiave generale, nel mio manuale, propongo di chiamare “Cultura e Natura Umana”.

Di cosa e come ascoltare, di come comunicare e dare feedback, di come lavorare su se stessi e con gli altri, della particolare materia che abbiamo or ora chiamato “Cultura e Natura Umana”, questo manuale vuol essere una sorta di espositore e di prontuario.

Un vademecum utile sia a chi ha un’importante scolarità, comprensiva cioè di laurea, sia a chi arriva alla Formazione IN Counseling in mancanza di questa. Un manuale scritto, però, con l’intenzione che la sua lettura e il suo studio non portino mai a dare più importanza alla mente, piuttosto che al cuore, snaturando così il valore del Counseling e le sue potenzialità.

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