LA COMUNICHEMOZIONE. Comunicazione empatica, non violenta, efficace.

LA COMUNICHEMOZIONE. Comunicazione empatica, non violenta, efficace.

foto_Alex_Richard(a cura di Alessandro Richard)

Come mai nell’era della comunicazione incontriamo tante difficoltà a comunicare?

Una domanda non nuova, ne’ originale, già sentita e proposta in tutte le salse.

Viviamo nell’era della comunicazione di massa, in un periodo storico in cui si sono sviluppati i più grandi e veloci sistemi di comunicazione.

Possiamo parlare con una persona all’altro capo del mondo da un qualsiasi posto in cui ci troviamo, possiamo inviargli messaggi, scritti, opere e possiamo anche vedere questa persona mentre le parliamo.

Possiamo sapere, ormai praticamente in tempo reale, cosa è successo in posti lontani migliaia di chilometri dal posto in cui ci troviamo.

Possiamo fare delle conferenze con persone che nello stesso momento sono sparse sull’intero globo terrestre, ecc., ecc..

Possiamo fare tutte queste cose ma a fronte di questa immensa potenzialità comunicativa e quindi relazionale, ci ritroviamo a fare i conti con un continuo aumento dei livelli di incomprensione, un aumento della conflittualità nelle relazioni.

rabbia.1Sembra, appunto, che a maggiore comunicazione corrisponda maggiore conflitto e che questo fenomeno attraversi tutta la società e tutti i settori, dai rapporti interni alla famiglia sino ai rapporti tra gli stati e le nazioni.

Le risposte al perché di questo fenomeno possono essere molte, di diversa natura, dipende da quale punto di vista si vuole guardare e da come si guarda (ricordate la canzone di Jarabe De Palo “Depende”?).

Ognuno di noi ha il proprio punto di vista ed il proprio modo di guardare alle cose del mondo. E sono sicuro che anche se ci conosciamo, se leggiamo gli stessi libri, se guardiamo gli stessi film, se frequentiamo gli stessi locali, se facciamo parte della stessa associazione, se frequentiamo insieme la Formazione “X”, non sempre abbiamo lo stesso punto di vista e non sempre guardiamo alle cose del mondo allo stesso modo.

Sono anche certo che se dovessimo metterci a discutere di quale, tra i nostri diversi punti di vista, sia il migliore o in quale posizione sia meglio mettersi per guardare le cose del mondo, potremmo scoprirci molto lontani, molto diversi e forse correremmo il rischio di un conflitto!

Cosa fare dunque, cosa ce ne facciamo della nostra domanda iniziale?

Cercando di restare fedeli al nostro modo di fare formazione, proponiamo di proseguire la stesura di questo scritto non rispondendo alla domanda dalla quale siamo partiti ma, dopo avervi invitati a partecipare al Laboratorio di Formazione Partecipata

“COMUNICHEMOZIONE: comunicazione empatica, non violenta, efficace”,

a scriverlo insieme.

Il Laboratorio rappresenterà il luogo in cui sperimentare direttamente cosa accade (a noi e all’ambiente intorno a noi) quando la comunicazione non funziona, quando non ci dà i risultati sperati o attesi oppure quando la comunicazione dell’altro ci arriva in un modo che non ci piace o ci lascia amareggiati o alla quale reagiamo in un modo che, magari a posteriori, non apprezziamo o che a seguito di questa reazione si innesca un circolo vizioso che ci porta sempre più lontani dal punto di arrivo sperato.

Sarà anche il luogo dove sperimentare cosa accade (a noi e all’ambiente che ci circonda) se invece di utilizzare le nostre abituali modalità di comunicazione o di rifarci in maniera tecnicista ad altre modalità comunicative, proviamo a dare spazio all’ascolto dei nostri stati emozionali, dei nostri sentimenti, delle nostre reazioni corporee.amore.3

Lo sfondo teorico della comunicazione non violenta o empatica diventerà quindi il pretesto non semplicemente per imparare una nuova tecnica comunicativa, ma per esercitare e sviluppare la nostra capacità di ascolto, per esercitarci alla presenza e alla consapevolezza. Un pretesto per approfondire la conoscenza di noi stessi, per riconoscere sempre più la nostra parte giudicante, alla scoperta di quei bisogni a cui noi stessi per primi, non riconoscendoli o negandoli o giudicandoli, usiamo violenza.

Un modo per essere sempre più consapevoli e responsabili delle nostre scelte …

Vorremmo così rimandare la conclusione di questo scritto a quando e a quanto voi riporterete delle vostre esperienze di comunicazione, di comunicazione non violenta, di comunicazione empatica, di ascolto, di presenza, di consapevolezza.

In attesa di questo tipo di conclusione vogliamo momentaneamente chiudere con un’immagine dei film L’ultimo samurai (un film che a noi piace molto, e che sono sicuro molti di voi abbiano visto).

Il capitano americano Nathan Algren (Tom Cruise), dopo qualche tempo della sua prigionia nel villaggio comandato da Katsumoto, si allena al combattimento con il bokken (il bastone che negli allenamenti sostituisce la spada) insieme agli altri samurai.

Il capitano Algren, pur essendo un uomo abituato a combattere, e per questo già in grado di destreggiarsi con quel tipo di arma, è in evidente difficoltà di fronte al samurai che maneggia il bastone con una destrezza della quale il capitano è quasi stupito.

Anche se con ammirevole tenacia resiste, cade ripetutamente sotto i colpi del samurai.

Dopo l’ennesimo colpo e l’ennesima caduta gli si avvicina un giovane samurai e gli dice:

lastsamurailoc“troppo mente … mente spada … mente gente che guarda … mente nemico … troppo mente, no mente!”.

E con questo vi invitiamo a lasciarvi guidare e a dare ascolto alle vostre sensazioni e non solo al vostro intelletto …

Vi aspettiamo!

Tutti i lunedì alterni (uno si, uno no), ore 20:00 – 23:00, dal 15 Settembre 2014, fino a tutto Giugno 2015.

Torino, via Giuseppe Genè 12.

Per info e iscrizione:

Contattaci

Alessandro (3408244315)

 

2 Comments

  1. Salve.
    Vorrei partecipare a COMUNICHEMOZIONE, giovedi 23.
    Devo inscrivermi o posso semplicemente arrivare per le ore 20?
    Grazie
    Marcus Baines
    338 6760512