Il re é nudo: Il Counseling ai Counselor!

Il re è nudo: “Il Counseling ai Counselor!”

Riprendo i confronti avviati con la pubblicazione del mio articolo “Il Counseling ai Counselor”.

Sono un Counselor innamorato della propria professione.

Desidero tanto che il Counseling diventi pubblicamente sempre più conosciuto e apprezzato.

Perché questo avvenga è indispensabile che, chi si occupa di Counseling, lo faccia nel migliore dei modi, valorizzandone al meglio le caratteristiche e le qualità.

La valorizzazione delle caratteristiche e delle qualità di una professione passa attraverso tante strade, ma una via obbligata è senz’altro quella di darle un’identità specifica, chiara e precisa, che impedisca di confonderla con le altre.

Come Counselor, m’impegno quotidianamente perché questo avvenga per la mia professione.

In particolare, in questi ultimi cinque anni, mi sono dedicato alla redazione di un particolare “Manuale per la Formazione IN Counseling”, con l’intenzione principale di rendere più chiaro possibile cosa sia il Counseling, cosa sia importante sapere per farlo, come s’impari a farlo e come si faccia.

Ho definito “particolare” questo mio manuale, perché l’ho scritto, anche, per offrire, a chi fa la Formazione IN Counseling, un piano di studi completo, che lo aiuti a formarsi una consapevolezza ad hoc sulla propria identità professionale, di Counselor che fa Counseling e non una qualche altra sottospecie di attività professionale (ogni riferimento alla Psicoterapia è assolutamente voluto!).

Mi sembrava un lavoro necessario, vista la confusione d’idee e di usi in cui il Counseling italiano si ritrova, ancora oggi, in Italia.

Insomma, voglio sperare che non esista al mondo un Counselor che non ritenga necessario sapere con precisione:

  • cos’è il Counseling e come si fa,
  • qual è la sua cultura,
  • quali sono gli studi e le formazioni che permettono di imparare a conoscerlo e a farlo.

Tale necessità non risponde soltanto a questioni di natura etica e deontologica, risponde a un bisogno d’individuazione e identificazione del Counseling, che permetta a tutti di riconoscerlo come attività a sé stante, autonoma e indipendente; un bisogno la cui soddisfazione è chiaramente alla base della possibilità di affermazione professionale d’ogni Counselor, che voglia fare Counseling professionalmente.

Per questo, nel mio articolo “Il Counseling ai Counselor”, ho sollevato la questione del rapporto tra Counseling e Psicoterapia.

In Italia, il Counseling, come percorso di formazione e come attività professionale, è stato introdotto da Psicoterapeuti, che di Counseling erano esperti, per il loro usarne le competenze e abilità nelle loro stesse attività psicoterapeutiche.

Questo è andato bene fino a quando una certa quantità di Counselor, NON Psicoterapeuti e NON Psicologi, non è uscita allo scoperto, proponendosi di aiutare professionalmente le persone, nelle situazioni difficili della loro esistenza.

L’emergere di questa nuova figura professionale ha posto la necessità di una chiara definizione del suo profilo:

  • Chi è il Counselor?
  • Che cosa fa e come lo fa?
  • Con quali doveri?
  • Con quali diritti, formazioni e competenze?
  • Come disciplinare l’operato del Counselor (il suo fare Counseling) affinché questo sia rispettoso dei diritti di chi ne utilizza i servizi e non invada ambiti istituzionalmente riservati agli psicologi e agli psicoterapeuti?

Quest’ultima questione ha avuto e continua ad avere un rilevo particolarmente importante, nella storia del Counseling italiano, anche perché molti psicologi/psicoterapeuti considerano il fare Counseling un’attività propria e di proprio esclusivo diritto.

La più ovvia risposta di noi Counselor, che da sempre diamo a chi dice che facciamo quello che fanno psicologi e psicoterapeuti, è quella di argomentare che ci identifica con psicologi e psicoterapeuti il fatto che anche noi aiutiamo le persone ad affrontare le difficoltà della vita, ma ci differenzia da loro che non lo facciamo curando le malattie o i disturbi psichici dei nostri clienti e, inoltre, lo facciamo con intenzioni diverse, spesso in occasioni diverse, e sicuramente sempre in modo diverso da loro (ed è questo farlo in modo diverso da loro, che, in ultima istanza, ci differenzia da loro).

D’altronde, se così non fosse, che ragione avremmo noi Counselor di esistere e perché si dovrebbe parlare di Counseling e non di Psicoterapia o di Consultazioni o Consulenze Psicologiche?

Ora, sorvolando sul fatto che la necessità di distinguerci da quello che fanno psicologi e psicoterapeuti é una necessità di base del nostro marketing professionale, richiamo l’attenzione su quanto sia indispensabile, per noi Counselor, per il nostro riconoscimento e per la nostra affermazione professionale, essere orgogliosi della nostra identità di Counselor.

Ora, un orgoglio identitario può essere provato da chi non ha un’identità forte, specifica e facilmente riconoscibile?

Ogni identità si definisce per uguaglianze e differenze.

Per affermarci, abbiamo bisogno di riconoscerci sia uguali ad altri, sia diversi da loro, ma, per aiutarci a crescere forti, noi Counselor “dobbiamo” saper essere più orgogliosi delle nostre differenze che di ciò che ci rende uguali agli altri.

Ora, è indubbio che condividiamo molte cose con Psicologi e Psicoterapeuti e su tali “cose” Psicologi e Psicoterapeuti possono insegnarci tanto, ma è altrettanto indubbio che non possono essere loro i professionisti più indicati (per ovvi conflitti di interesse) ad aiutarci a sentire l’orgoglio di essere Counselor, loro che nei loro curriculum il più delle volte nemmeno indicano il fatto che sono Counselor e, quando lo fanno, lo mettono in coda a tutti gli altri titoli di cui dispongono.

Loro possono insegnarci cosa ci unisce a loro e questo è un fatto di gran valore, se non produce effetti fagocitanti.

Gli effetti fagocitanti che il Counseling ha subito e continua a subire dalla Psicoterapia (vedi in particolare “Storia del Counseling”, in D. Nigro, “Counseling, Manuale di Istruzione e Formazione”, Vol. 1, cap. 2, edizioni La Rondine, 2023) sono sicuramente di ordine culturale, un ordine che spesso produce derive comportamentali nei modi in cui noi Counselor facciamo Counseling, appiattendolo su principi e prassi di tipo psicoterapeutico.

Troppo spesso mi capita di fare supervisione professionale a colleghi Counselor che fanno Counseling come se fosse Psicoterapia:

  1. hanno come interesse principale quello di “capire” cosa succede ai loro clienti e perché,
  2. sono impegnati nella ricerca della soluzione dei problemi dei loro clienti,
  3. non hanno il senso della differenza tra un incedere procedurale e un incedere dialogico processuale,
  4. si spiegano le ragioni del comportamento dei propri clienti, usando parole e chiavi di lettura di tipo squisitamente psicologico.

Questo stato delle cose rappresenta, ahinoi, una condizione che riguarda, in generale, l’esistenza dell’uomo contemporaneo, occidentale, una condizione molto influenzata dall’egemonia di una cultura psicologica, banalmente declinata.

Il guaio è ritrovare questa condizione in chi fa counseling!

Insomma, quando un Counselor fa Counseling come se fosse Psicoterapia, da chi l’ha imparato?!

La questione che propongo è di considerare che, per quanto si possa riferire a visioni e a stili di tipo umanistico, chi fa psicoterapia si pone nei confronti dei propri pazienti con un atteggiamento condizionato da presupposti culturali, idee e comportamenti di tipo psicologico, difficili da estirpare, anche quando si ritrova a fare Counseling o a insegnare il Counseling.

Ora, per quanto ci possano essere vari punti di contatto con i presupposti culturali, le idee e i comportamenti di chi fa Psicoterapia, fare Counseling vuol dire partire da altri presupposti culturali e ideologici e valorizzarli, con relativi e adeguati, propri, comportamenti.

Uno Psicoterapeuta, quando agisce da Formatore di Counselor, se non si sgancia compiutamente dai pensieri e dalle parole proprie dei propri studi di Psicologia, se non abbandona le forme d’interazione professionale tipiche della propria formazione in Psicoterapia, fatalmente finirà per offrire, “belli e buoni” , quei pensieri, quelle parole e quelle forme di interazione professionale ai propri allievi Counselor, producendo una contaminazione malsana nel loro intendere e fare Counseling.

Insomma, gli Psicoterapeuti adeguati a stare e a collaborare con noi Counselor, sono Psicoterapeuti diventati Counselor, non Psicoterapeuti prestati al Counseling, che usano il Counseling come attività aggiuntiva dei propri affari; Counselor che siano “anche”, e non “prima di tutto”, Psicologi e Psicoterapeuti; così che, quando agiscono da Counselor e insegnano il Counseling, avendone ben chiare le differenze con il loro fare Psicoterapia, ne sappiano abbandonare le intenzioni, i modi, il linguaggio, il ritmo e i tempi.

Nel mio slogan “Il Counseling ai Counselor”, richiamo ed esorto la responsabilità dei Counselor perché questo avvenga.

Perché questo avvenga, è indispensabile per noi Counselor lavorare su un’architettura di elementi, che, per usare una terminologia in uso nel mondo delle imprese e delle professioni, potremmo definire di “Vision” e di “Mission”.

La cosa non può che basarsi su una consapevolezza che così potrei riassumere:

  • l’idea di sé, del proprio lavoro, dei propri scopi, di un Counselor, non può che essere ben diversa da quella di uno Psicoterapeuta o di uno Psicologo, se così non fosse avrebbero ragione loro ad accusarci di abusare della loro professionalità.

Per questo, il tipo di formazione, le prassi e i quadri epistemologici del Counseling devono essere diversi da quelli degli Psicoterapeuti e degli Psicologi.

Nella mia esperienza riscontro troppi casi di Psicologi e Psicoterapeuti che insegnano Counseling facendo principalmente leva sui propri back ground culturali e formativi, che sono quelli dei loro studi universitari di Psicologia e quelli delle loro scuole di Psicoterapia.

Ora, a Psicologi e Psicoterapeuti che, essendo anche Counselor, dovessero chiedermi se riconosco loro la possibilità di insegnare Counseling, risponderei:

  • “Certamente sì, ma a patto che sappiate ben distinguere cosa voglia dire occuparsi di Counseling piuttosto che di qualcosa che ha a che fare con le vostre professionalità di Psicologi e Psicoterapeuti e vorrei che fossero dei Counselor a verificare la cosa, non il contrario”.

Mi avvio alla conclusione di questo mio articolo dichiarando che mi preoccupa vedere, a capo di scuole e associazioni di counselor, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti che non si dichiarano Counselor, nelle loro presentazioni pubbliche, e quindi non dimostrano alcun orgoglio di esserlo (forse dimostrano la paura di esserlo?!).

Certamente questi professionisti considerano sufficiente, per insegnare Counseling, il proprio essere particolarmente esperti in materie e abilità che sono proprie del Counseling, ma poiché “io so” che sapere di Counseling, saperlo fare è saperne sostenere le sorti è qualcosa di più di questo, rilancio l’importanza del fatto che tocchi a noi Counselor la responsabilità maggiore di agire, affinché la distinzione tra il Counseling e le altre professioni di aiuto sia sempre più chiara e netta.

Uno dei modi di farlo, per noi Counselor, è quello di assumere la leadership in ogni cosa che riguarda il Counseling:

  • usando un linguaggio e riferimenti teorici e culturali nostri (quindi diversi da quelli “Psi”)
  • assumendoci la responsabilità di governare principi e metodi della formazione in counseling,
  • occupando ruoli e funzioni di controllo, nelle scuole e nelle associazioni di Counselor,
  • scrollandoci di dosso la sudditanza culturale cui la Psicoterapia ci sottopone; una sudditanza che si evidenzia nell’usarne i pensieri, le parole e i valori; una sudditanza che va dismessa, perché, in ultima istanza, è questa che mantiene, nella considerazione generale, il Counseling  su un piano, non di differenza, ma di inferiorità nei confronti della Psicologia e della Psicoterapia.

Quante volte ho sentito, e sento, parlare di noi Counselor come una “una specie di Psicologo”?

Ma essere una “specie” di qualcosa, nella considerazione comune, vuol dire esserne una “sottospecie”!

Non ne posso più!

Anche per questo, ho scritto il mio “Manuale di Istruzione e Formazione IN Counseling”, un’opera di cui sono particolarmente orgoglioso, perché immaginata, pensata, progettata e redatta da un Counselor, a dimostrazione che il Counseling é una cosa che noi Counselor possiamo fare, indipendentemente dalla guida paternalistica di Psichiatri, Psicologi e Psicoterapeuti.

Sono un Counselor con alle spalle:

  1. studi umanistici (di storia, letteratura, sociologia, antropologia, filosofia, metodologia della ricerca storica, comunicazione e sì, ho letto e studiato i classici della psicologia, da Freud a Jung, da Rogers a Perls).
  2. esperienze di lavoro come consulente/formatore in materia di “comunicazione e gestione delle relazioni interpersonali” nel mondo del lavoro e dell’impresa,
  3. una formazione in counseling e relativo diploma.

Non ho una laurea in psicologia o in medicina-psichiatria e non ho fatto una formazione in psicoterapia, ma ho scritto un manuale per la formazione in counseling, che darà a chi lo leggerà la possibilità di comprendere cos’è il Counseling, che rapporto ha con la Psicologia e la Psicoterapia, in che modo e perché da queste si differenzia e perché è importante che tale differenza sia chiara e netta, soprattutto a noi Counselor.

Un’opera indubbiamente utile a chi fa la formazione in counseling, sia come allievo, sia come trainer.

Un’opera la cui lettura farebbe sicuramente bene anche a chi proviene da mondi diversi dal Counseling, come lo sono quelli della Psicologia e della Psicoterapia.

Non me ne vogliate amici Psicoterapeuti, non ce l’ho con voi, ma con l’indebita ingerenza e influenza che una certa cultura di stampo “psi” esercita nei confronti del Counseling e ce l’ho, ancor di più, con tutti quei Counselor che a questa cultura si sottomettono e di questa cultura diventano alfieri.

Evviva il Counseling!

Domenico Nigro Counselor e Formatore di Counselor.

Direttore Scuola IN Counseling Lo Specchio Magico

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